SPECIALE COVID

Non c’è nulla di più scontato che dire che, anche per l’ONDS, il 2020 si divide tra un breve inizio pre COVID-19 e lunghissimi mesi segnati dalla pandemia.

Da marzo, la pianificazione delle attività della rete è stata rivoluzionata in conseguenza delle direttive emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per fronteggiare l’emergenza.

L’impatto di queste misure ha determinato conseguenze diverse in ciascun territorio, ma ovunque è stato necessario rivedere le modalità di erogazione dei servizi, concentrandosi prevalentemente su attività di bassa soglia e di fornitura beni primari (dai kit igienico sanitari, ad alimenti e pacchi viveri); in alcuni casi vi è stata invece la chiusura e la sospensione totale dei servizi degli Help Center, per evitare assembramenti e garantire maggiore sicurezza nelle aree interessate.

La principale conseguenza del lockdown è stata la convergenza del lavoro degli operatori e delle loro energie, fisiche ed intellettuali, sulla rimodulazione dei servizi, sullo studio dell’evoluzione della normativa, sul reperimento di fondi e risorse straordinari, per offrire alle migliaia di persone abbandonate a se stesse almeno il conforto di una presenza amica.

Gli Help Center, dunque, hanno operato essenzialmente su due assi:

messa in sicurezza: con interventi di bassa soglia per le persone più fragili, sia sul piano sanitario che sociale, intensificando le azioni di pronto intervento e di supporto. Sono stati incrementati i servizi di doccia e cambio indumenti per le persone non accolte stabilmente, per mantenere condizioni igieniche dignitose e compatibili con la prevenzione sanitaria; sono stati reperiti e distribuiti kit di emergenza e sostegno alle persone bisognose, con la raccolta e la distribuzione di generi alimentari e di prima necessità.

condivisione e cooperazione: dappertutto sono state attivate iniziative che hanno sostenuto il collegamento costante tra tutti i servizi operativi per le persone con marginalità, le imprese locali, i donatori e i cittadini che, sia in fase acuta che in quelle successive, hanno a vario titolo collaborato alla cura e al supporto delle persone in difficoltà.

Possiamo affermare che si sia trattato di una grande azione sinergica e creativa, in cui la società civile, forse più di altre istituzioni, si è fatta carico dei bisogni di una parte di popolazione dimenticata, completamente trascurata, attraverso la rete ONDS, il cui compito è stato duplice: da un lato, ha assistito materialmente chi aveva bisogno, convogliando la solidarietà di numerosissimi sostenitori; dall’altro, ha promosso, attraverso la campagna #vorreirestareacasa, un’azione di advocacy che, con un impressionante ritorno mediatico, ha risvegliato e tenuto vivo l’interesse per chi, mentre tutti si chiudevano in casa, la casa non ce l’aveva.

Con l’avvio della cosiddetta Fase 2, nella tarda primavera e in estate, i centri hanno ripreso gradualmente le attività, anche se con forti limitazioni dettate dalle norme vigenti e scontando, in pratica su tutto il territorio nazionale, la mancanza di indicazioni chiare circa le procedure per tornare ad accogliere in sicurezza le persone senza dimora. Questo vulnus ha contribuito ad esasperare la situazione di chi per vivere dipende dai servizi sociali e che ha perduto, in quei lunghi mesi, non solo i punti di riferimento della sua già precaria quotidianità, ma anche il diritto al ritorno alla normalità, che tutti gli altri cittadini hanno potuto, invece, sperimentare, pur nei limiti delle circostanze.

È per questo motivo che in alcune città gli Help Center si sono organizzati per facilitare alle persone senza dimora l’accesso ai test COVID, in modo da fornire quel “lasciapassare” fondamentale per riprendere le accoglienze, soprattutto quando in autunno i contagi sono tornati ad aumentare. Durante questo periodo, in modo particolare, il lavoro degli Help Center nelle stazioni ha rappresentato un presidio avanzato di servizio sociale nei territori di riferimento, supportando, integrando e talvolta sostituendo l’intervento del servizio sociale istituzionale. La gestione competente del “panico” di contagio ha avuto un effetto positivo sui beneficiari dei centri, facendo la differenza nel contenere forme di agitazione e aggressività. Gli interventi pressoché in tutti i centri sono stati orientati a sviluppare una maggiore collaborazione tra operatori e beneficiari rispetto all’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale e alla sanificazione e pulizia degli ambienti di lavoro e di transito dell’utenza. Questa condizione ha richiesto maggiore flessibilità ed empatia per comprendere le situazioni personali, per contenere i vissuti critici e incrementare abitudini positive. L’esperienza di trovarsi nella medesima condizione di rischio rispetto ad una minaccia esterna, alla privazione dei contatti relazionali abituali, insieme alla considerazione che ciascuno potesse contribuire alla salute degli altri (ad esempio osservando e migliorando i propri comportamenti anti “contagio”) sono stati vissuti come elementi positivi, di risorsa, creando una sorta di alleanza tra operatori e utenti, per riuscire a vivere una condizione difficile con quanta più serenità possibile.

LE CONSEGUENZE

Le difficoltà di ordine sociale ed economico insorte a seguito della pandemia hanno determinato un impoverimento diffuso, che coinvolge ampie fasce di popolazione che si aggiungono alla platea dei beneficiari storici degli Help Center. Si tratta di nuovi fenomeni di deprivazione, che interessano una fascia consistente di popolazione, composta soprattutto da adulti e giovani adulti, lavoratori precari con famiglie a carico, che si sono trovati improvvisamente senza fonti di reddito. Le donne in condizione di marginalità sociale, poi, sono in aumento, con un trend dinamico da mettere in relazione alle variabili economiche conseguenti alle misure deliberate dal governo per il contrasto al COVID, che determinano restrizioni diversificate a seconda del periodo e della situazione territoriale.

La riduzione delle opportunità formative e occupazionali e la tipologia dei bisogni espressi, perlopiù centrati su necessità contingenti, ha contribuito a livellare verso il basso le attività di supporto e assistenza fornite dagli Help Center, che hanno dovuto, più che in passato, fare fronte ad esigenze primarie come fornitura di cibo, indumenti, sostegno psicologico.

I TEST COVID

In gran parte delle città sono state organizzate iniziative di supporto sanitario per effettuare test sierologici, antigenici e molecolari in condizione di prossimità con i beneficiari degli Help Center.

Ad una prima ricognizione effettuata da Euricse nell’ambito dell’analisi dell’impatto sociale degli Help Center, sono stati calcolati circa 3500 tamponi e nemmeno sulla totalità dei centri attivi. Si tratta di screening realizzati con il supporto di personale medico e/o infermieristico volontario, con le reti di servizi sanitari locali e in collaborazione con le ASL che, oltre a monitorare le dinamiche dei livelli di contagio tra la popolazione più vulnerabile, normalmente più difficile da tracciare, ha anche l’obiettivo di favorire l’inserimento delle persone senza dimora nelle strutture di accoglienza dei circuiti cittadini in cui opera la rete ONDS. Tre esempi significativi, tra le molte attività realizzate.

A Bologna l’Help Center è stato coinvolto direttamente nella collaborazione tra Igiene Pubblica e Asp Città di Bologna. Essendo l’unico servizio deputato all’invio presso le strutture di accoglienza del territorio, il centro ha avuto sempre un ruolo centrale nella prenotazione dei tamponi e nell’indirizzare le persone risultate positive nelle strutture dedicate all’isolamento.

Grazie alla collaborazione con Igiene Pubblica, l’Help Center ha beneficiato di centri dedicati: per i primi 6 mesi una struttura intera e, successivamente, una finestra oraria presso uno dei punti tampone dell’Ausl di Bologna. Per i primi mesi di avvio un operatore è stato presente per mediare/indirizzare le persone inviate e per supportare il personale medico.

A Napoli, in totale autonomia, con l’ausilio dei medici volontari dell’Associazione Centro La Tenda, che gestisce l’Help Center, sono stati effettuati 550 test antigenici rapidi di cui 177 nel 2020 e 373 nel primo semestre del 2021, oltre a 150 test molecolari effettuati dall’ospedale Cotugno e dalla Asl NA 1 presso la sede dell’Associazione al Rione Sanità. Lì sono state create due aree COVID h24 per l’isolamento dei positivi per 9 posti uomini e 3 posti donne. Successivamente i soggetti asintomatici venivano trasferiti presso il Covid Residence dell’ospedale del Mare a Ponticelli mentre i sintomatici presso gli ospedali cittadini.

Nel caso di Roma Termini, lo screening ha assunto le caratteristiche di uno studio osservazionale realizzato con l’istituto San Gallicano (IRCSS) per l’analisi della presenza del SARS-COV-2 nei servizi di supporto e accoglienza per persone senza dimora.

Realizzato in partenariato con l’Università degli Studi di Milano, la McMaster University del Canada e l’Università di Trento, lo studio ha ottenuto il nulla osta tecnico scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma, oltre al supporto della Regione Lazio e di Roma Capitale, considerato il valore scientifico e sociale del Progetto nella sua sperimentazione sul territorio romano. Nel solo 2020 presso l’Help Center sono stati realizzati 253 esami sierologici e 1267 tamponi di cui 276 molecolari e 1080 antigenici.